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Atomic Habits: Piccole abitudini per grandi cambiamenti

Migliorare ogni giorno dell’1% trasforma la tua vita in modo permanente

Perché scrivere un articolo sul blog a proposito di quello che abbiamo imparato in un libro?

Perché ormai ho imparato che scrivere è la migliore abitudine per fissare i concetti imparati da un libro appena letto. Scrivere aiuta ad organizzare i pensieri, a fare chiarezza e quindi a scolpire gli insegnamenti ricevuti da quella lettura nella mente a distanza di tempo.

“Se non lo sai spiegare in modo semplice, non l’hai capito abbastanza bene” (Albert Einstein)

Ed è quello che voglio iniziare a fare quest’anno. Scrivere, spiegare in modo semplice spero, condividere la conoscenza e magari confrontarmi con chi vorrà leggere e magari commentare su questo spazio dandomi il suo contributo a riguardo. E’ l’antidoto ai social media, alla condivisione di conoscenza effimera e superficiale.

Passiamo al libro in questione che ho trovato terribilmente formativo.

Il titolo originale è “Atomic Habits” scritto da James Clear, in Italia tradotto con Piccole abitudini per grandi cambiamenti. Trasforma la tua vita un piccolo passo per volta. E’ un libro che ha venduto oltre 5 milioni di copie ed è stato best seller del New York Times nel 2020. Un libro ormai famosissimo e citatissimo ovunque.

A prima vista può sembrare il solito libro americano di auto miglioramento della serie “se vuoi puoi” e cose del genere. Ed invece è esattamente l’opposto.

Questo passaggio metaforico del libro è illuminante nella sua semplicità e riassume visivamente tutto il tema del libro:

Immaginiamo che ci sia un cubetto di ghiaccio sul tavolo davanti a noi. La stanza è fredda e il nostro respiro si condensa. La temperatura è di sette gradi sotto zero. Molto molto lentamente, la stanza comincia a riscaldarsi. Meno sei gradi. Meno cinque. Meno quattro. Il cubetto di ghiaccio è ancora lì sul tavolo davanti a noi. Meno tre gradi. Meno due. Meno uno. Continua a non succedere niente. Poi, zero gradi. Il ghiaccio comincia a sciogliersi. Una variazione di un grado, apparentemente non dissimile dagli aumenti di temperatura precedenti, ha condotto a un enorme cambiamento.

Fa comprendere, almeno ad un visivo come me, che l’evidenza di un cambiamento è il frutto di quello che è avvenuto prima ma soprattutto che occorre tempo per raggiungere un risultato e in quel frattempo non è visibile il cambiamento in atto.

“Quando sembra che niente mi venga in aiuto, vado a osservare un tagliapietre che prende a martellate la sua pietra forse anche cento volte senza che compaia nemmeno una crepa. Poi, al centunesimo colpo, la pietra si spacca in due, e io so che non è stato grazie a quell’ultimo colpo, ma a tutti quelli prima”.

Il tema di fondo del libro ribalta il teorema classico da motivatore americano secondo cui l’obiettivo è l’aspetto principale su cui concentrarsi ed ispirarsi. No, è il processo ad essere al centro del cambiamento di abitudini.

Lo scopo di prefiggersi degli obiettivi è vincere la gara, lo scopo di costruire metodi è continuare a gareggiare. Pensare davvero a lungo termine significa pensare senza obiettivi. Non si tratta di un qualunque specifico traguardo, si tratta del ciclo di continui miglioramenti e infinite rifiniture. Alla fine, sarà la dedizione al processo che determinerà il progresso.

Cambiare lentamente ogni giorno porta a risultati duraturi ed effettivamente lo si vede soprattutto nelle diete. C’è tanta gente che è riuscita a perdere anche tanto peso perché in quel momento aveva un obiettivo e una forte determinazione ma un giorno puntualmente si è ritrovato nuovamente in sovrappeso.

Se abbiamo difficoltà a cambiare le nostre abitudini, il problema non siamo noi: il problema è il metodo. Le cattive abitudini si ripresentano continuamente non perché noi non vogliamo cambiare, ma perché stiamo usando il metodo sbagliato per farlo. Non ci si eleva al livello dei nostri obiettivi, si scende al livello del nostro metodo. Concentrarsi sul metodo in generale, invece che sul singolo obiettivo, è una delle tematiche centrali di questo libro. Le piccole abitudini sono cambiamenti minuscoli, guadagni marginali, miglioramenti dell’1 per cento.

Il libro spiega una differenza fondamentale tra il risultato che è ciò che si ottiene con il procedimento che riguarda ciò che si fa e l’identità che riguarda ciò in cui si crede.

Molte persone iniziano il processo di cambiamento delle abitudini concentrandosi su ciò che vogliono ottenere. Questo porta ad abitudini basate sul risultato. L’ alternativa è instaurare abitudini basate sull’identità: con questo approccio si inizia concentrandosi su chi vogliamo diventare.

Secondo l’autore è difficile cambiare abitudini se non si cambiano le convinzioni di base che hanno portato a un determinato comportamento nel passato. Possiamo avere un obiettivo ed un nuovo piano ma non abbiamo cambiato chi siamo.

Effettivamente se ci si pensa bene, è facile ed immediato porsi un obbiettivo. Se gioco una partita a tennis è chiaro che l’obiettivo mio ma anche del mio avversario sia quello di vincere. Magari posso pure stabilire un piano, ma tutto quello che farò in quella partita sarà l’esternazione del potenziale frutto di tutto quello che ho fatto prima di arrivare lì, e cioè allenarmi duramente, mangiare sano, stabilire delle strategie.

Il vero cambiamento di comportamento è un cambiamento di identità. Magari abbiamo iniziato a prendere un’abitudine grazie alla motivazione, ma l’unica ragione per cui la manterremo è che è diventata parte della nostra stessa identità. Chiunque può convincersi ad andare in palestra o a mangiare sano per un paio di volte, ma se non si modifica la convinzione che sta dietro al comportamento, allora è difficile perseverare nel cambiamento a lungo termine.

Quindi i nostri comportamenti sono un riflesso continuo della nostra identità. Quello che facciamo è un’indicazione del tipo di persona che riteniamo di essere e questo avviene consciamente o inconsciamente. Noi siamo quello che facciamo per la maggior parte del tempo.

Più un pensiero o un’azione sono legati alla nostra identità, più è difficile cambiarli. Può essere rassicurante credere alle cose a cui crede la nostra cultura (identità di gruppo) o fare ciò che riconferma la nostra idea di noi stessi (identità personale), anche se è sbagliato. Il più grande ostacolo al cambiamento in meglio a qualunque livello – individuale, di squadra, sociale – è il conflitto di identità. Le buone abitudini possono avere un senso a livello razionale, ma se entrano in conflitto con la nostra identità non riusciremo a metterle in pratica.

Quindi per progredire occorre disimparare e rivedere continuamente le proprie convinzioni oltre ad aggiornare ed espandere la propria identità.

Le abitudini sono il modo in cui incarniamo la nostra identità. Chi rifà il letto tutti i giorni incarna l’identità di una persona organizzata. Chi scrive ogni giorno incarna l’identità di una persona creativa. Chi si allena ogni giorno incarna l’identità di una persona atletica. Più si ripete un comportamento, più si rafforza l’identità associata a quel comportamento.

Quando vogliamo cambiare il primo passo non è “CHE COSA” ma “CHI”. Chi vogliamo essere, chi vogliamo diventare. La nostra identià non è scolpita nella pietra dice l’autore, c’è sempre possibilità di scegliere.

Un’abitudine è un comportamento che è stato ripetuto un numero sufficiente di volte da divenire automatico. Il processo di formazione di un’abitudine inizia con tentativi ed errori. Ogni volta che nella vita ci troviamo in una nuova situazione, il cervello deve prendere una decisione: Come reagisco a questa cosa? La prima volta che ci imbattiamo in un problema non sappiamo bene come risolverlo.

Tutti i comportamenti umani hanno lo stesso approccio di fronte alle cose: tentare, fallire, apprendere e provare in modo diverso. Con la pratica i gesti inutili vengono scartati e quelli utili vengono rafforzati.

Se c’è una cosa che sto imparando attraverso la lettura di libri e libri su comportamenti e abitudini è che il nostro cervello cerca di consumare sempre meno energie possibili. Quando impara qualcosa per bene l’automatizza così c’è energia da dedicare per fare altro.

Ci sarebbero migliaia di esempi in proposito ma quello della guida della macchina è il più facile. Quando si impara a guidare si devono tenere presenti contemporaneamente diversi aspetti come: ingranare le marce, guardare davanti, tenere il volante, guardare negli specchietti retrovisori, controllare la velocità ecc.. Una volta imparato tutto ciò, il nostro sistema è automatizzato. Mentre si guida si può conversare o ascoltare musica.

Le abitudini sono scorciatoie apprese con l’esperienza. In un certo senso, sono solo la memoria del percorso fatto in precedenza per risolvere un problema. Ogni volta che le condizioni sono quelle giuste, si può attingere a questa memoria e applicare automaticamente la stessa soluzione. Il motivo principale per cui il cervello ricorda il passato è per prevedere meglio che cosa funzionerà nel futuro.

Le abitudini si formano in quattro semplici fasi:

  • Segnale
  • Desiderio
  • Risposta
  • Gratificazione
Segnale>Desiderio>Risposta>Gratificazione

Il segnale induce il cervello a dare inizio ad un comportamento. I desideri sono la pulsione motivazionale dietro ogni abitudine. Senza il desiderio di un cambiamento non c’è ragione di agire. La risposta è la vera abitudine che sviluppiamo, può essere un pensiero o un’azione. Se c’è o meno una risposta dipende da quanto siamo motivati. Ed infine la risposta conduce ad una gratificazione.

La gratificazione è la meta finale di ogni abitudine. Il segnale consiste nell’individuare la gratificazione, il desiderio nel volerla, la risposta nell’ottenerla. Si cerca di ottenere gratificazioni perché hanno un duplice scopo: 1) ci danno soddisfazione e 2) ci insegnano qualcosa. Il primo scopo della gratificazione è soddisfare un desiderio.

Il libro si concentra poi su una serie di strategie per imparare nuove abitudini.

Uno dei sistemi migliori per costruire una nuova abitudine è individuare una che già abbiamo e che ripetiamo e aggiungere un nuovo comportamento.

Il segreto per accumulare abitudini in modo efficace è scegliere il segnale giusto che faccia da innesco. Più la nuova abitudine è strettamente collegata a un segnale preciso e più probabilità ci sono che capirete quando è il momento di eseguirla.

Una delle cose più efficaci che possiamo fare per prendere abitudini migliori è entrare a far parte di un contesto culturale nel quale il comportamento desiderato è normalissimo. Le nuove abitudini sembrano facili da instaurare quando vediamo gli altri che le seguono ogni giorno. Se siamo circondati da persone in perfetta forma fisica, è più probabile che andare in palestra sarà un’abitudine normale anche per noi. Se siamo circondati da amanti del jazz, è più probabile che anche per noi sarà logico ascoltare jazz tutti i giorni. Il contesto culturale imposta le nostre aspettative su ciò che è “normale”. Circondatevi di persone le cui abitudini sono le stesse che vorreste per voi: crescerete insieme.

Ed ancora altri esercizi:

Associate le vostre abitudini a qualcosa che vi piace, quindi potrete usare quel segnale ogni volta che avrete bisogno di un po’ di spinta motivazionale. Per esempio, se ascoltate sempre la stessa canzone prima di fare sesso, comincerete a collegare la musica all’atto. Quando volete entrare nello spirito giusto, vi basterà far partire la musica.

Un altro passaggio illuminante del libro è legato ad una situazione che a me capita spesso perchè in alcune occasioni cerco di essere troppo perfezionista.

Attraverso gli insegnamenti di questo libro ho imparato a cambiare l’approccio e aver scritto questo articolo ne è una testimonianza diretta:

È facile rimanere impantanati cercando di elaborare il piano perfetto per cambiare: il sistema più rapido per perdere peso, il miglior programma per mettere su massa muscolare, l’idea perfetta per un secondo lavoro un po’ redditizio. Siamo così presi a capire quale sia l’approccio migliore che non ci decidiamo mai a entrare in azione. Come ha scritto Voltaire una volta, “il meglio è nemico del bene”

Preparare troppo qualcosa, pensarci a lungo, creare il piano perfetto, non è altro che procrastinare. La chiave per il miglioramento è iniziare con la ripetizione, non con la perfezione.

Non occorre delineare un singolo dettaglio della nuova abitudine. occorre praticarla.

Effetti del miglioramento o peggioramento dell’1% al giorno.
(Source: metaphoricmath.com)

Che si tratti del più grande cestista o tennista del mondo o semplicemente di chi quotidianamente si impegna a migliorarsi di un 1% nella lettura, nell’esercizio fisico o in qualsiasi altra cosa, aggiungendo un atomo nuovo e positivo alle proprie abitudini, ripetere, ripetere, ripetere penso che sia davvero il segreto di ogni piccolo o grande successo.

Piccole grandi abitudini ogni giorno per cambiare e migliorarci.

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